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Persone & Banche

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convegno nazionale Persone&Banche

Modelli d’azione e cambiamento.

Il Convegno nazionale “Persone & Banche” (promosso dal Master interdipartimentale in risorse umane e dal Centro Studi Nazionale CISL, di cui Laura Dal Corso e Giuseppe Gallo sono i rispettivi direttori) del 23 settembre a Firenze, ha offerto diversi spunti di riflessione e di confronto sul mondo del lavoro. 

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Scopri il grado di empowerment

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A partire dalle riflessioni effettuate la scorsa settimana sul concetto di empowerment e sugli ambiti cui può essere applicato, con il contributo di oggi intendiamo fornire un utile strumento per visualizzare il grado di empowerment presente nella nostra azienda.

 

Partiamo da questo grafico, tratto da un contributo di Confindustria : “Empowerment delle risorse umane: Improvement”.

 

 

Osservando la figura possiamo subito notare che i due fattori presi in considerazione, per determinare il collocamento dell’azienda in uno dei quattro quadranti, sono la Diffusione della delega decisionale e l’Entità del miglioramento, intesa come capacità di effettuare miglioramenti da parte dell’organizzazione.

 

La condizione più negativa è rappresentata dal quadrante denominato “STASI”, in cui sia la delega che la capacità dell’azienda di effettuare miglioramenti sono molto basse. Il termine stesso indica una mancanza di dinamismo, accompagnata presumibilmente alla percezione che non c’è nulla da cambiare.

 

Nel momento in cui, invece, la diffusione della delega comincia a crescere di livello senza però un aumento parallelo di miglioramenti necessari ad aumentare la performance aziendale, ci si ritrova nella condizione definita di “FRUSTRAZIONE”. I collaboratori delle aziende che si trovano in questo quadrante possono sperimentare un calo della motivazione lavorativa, poichè i due aspetti sopracitati vanno in direzione opposte. I collaboratori, quindi, potrebbero non riuscire a raggiungere gli obiettivi che gli sono stati assegnati e, di conseguenza, iniziare a rimuginare sulla loro scarsa capacità e mancanza di competenze.

 

Ancora, se sono presenti un alto numero di miglioramenti apportati, seppur con una diffusione della delega ancora bassa, la condizione corrispondente è definita “POSSIBILITÀ”. In questo caso l’azienda ha il campo sgombro da ostacoli e si trova in una condizione fertile per apportare modifiche al suo assetto. Questa fase può essere definita come un Cantiere in cui Responsabili delle Risorse Umane possono coinvolgere i collaboratori in progetti di team building, possono fornire supporto psicologico (interno o esterno), erogare formazione, fornire servizi aggiuntivi per la conciliazione vita-lavoro, e così via.

 

Le organizzazioni eccellenti si collocano, infine, nel quadrante in alto a destra, caratterizzato del giusto equilibrio tra la diffusione della delega e l’entità del miglioramento. In questo caso il grado di empowerment aziendale è il massimo possibile, ed i collaboratori si sentono coinvolti, competenti, condividono valori, in modo da investire tutta la propria energia e raggiungere standard elevati per se stessi e per l’organizzazione di appartenenza.

 

L’assegnazione della propria organizzazione ad uno dei quattro quadranti non è sempre semplice ed immediato, per questo motivo tra i servizi erogati dalla nostra azienda c’è anche il supporto alle organizzazioni per l’individuazione del proprio posizionamento rispetto all’empowerment aziendale affiancato al monitoraggio ed all’incremento di quello dei propri collaboratori.


 


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Empowerment: la valorizzazione della tua azienda

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La nascita del concetto di empowerment è stata spinta dalla constatazione che nelle persone c’è un potere diverso da tutti i tipi di poteri relazionali che possiamo prendere in considerazione, come quelli basati sulle armi, sui mezzi economici, sui ruoli o sulle capacità. Questo potere cui ci riferiamo, invece, ha a che fare con aspetti personali quali la motivazione, la sicurezza in sè e l’energia psichica.

I padri fondatori del concetto di Empowerment, Zimmerman e Rappaport, hanno cominciato ad occuparsene nel 1977 circa, suggerendo l’uso della cultura della forza (power) per aiutare la persona a superare e/o gestire la sua debolezza. Già nel loro primo elenco dei fattori dell’empowerment evidenziavano la molteplicità dei suoi livelli: “L’empowerment non è solo un costrutto psicologico individuale, è anche organizzativo, politico, sociologico, economico, spirituale”.

Soffermandoci in particolare sul nostro ambito d’intervento, quello organizzativo, il fine ambiziosissimo cui l’empowerment tende è l’autostima, l’autonomia, la capacità di affrontare i cambiamenti, in ultima analisi la felicità del personale. L’empowerment rappresenta, quindi, una nuova modalità per considerare il cambiamento – per il singolo, per il gruppo, per la comunità – all’insegna non della ricerca della soluzione migliore, ma dell’aumento delle possibilità di scelta.

Le risorse umane coinvolte in questo progetto di crescita, però, non si improvvisano. Compito dei referenti aziendali sarà, dunque, quello di creare a monte un ambiente che supporti la capacità ed il desiderio dei collaboratori di crescere e svilupparsi, permettendo alle persone di essere autonome nel decidere come migliorare il proprio lavoro quotidiano.

In sintesi l’empowerment delle risorse umane non può essere considerato come uno dei tanti strumenti che le organizzazioni possono utilizzare di tanto in tanto per effettuare un miglioramento isolato. Non è un progetto con un inizio ed una fine. Piuttosto potremmo definirlo come un vero e proprio percorso che l’azienda fa con i suoi collaboratori, monitorando nel tempo i successi e/o gli insuccessi che possono derivarne.

L’assunto di fondo è che l’innesco di un salto di qualità sia quasi sempre possibile, anche dove vada tutto molto bene, nei fatti o nel percepito delle persone e delle organizzazioni o dove, viceversa, tutto o quasi, sia critico e in situazione di crisi/stallo.